La Cassazione, mediante l’ordinanza n. 29925 del 18 novembre 2019, si è espressa sul rapporto sussistente tra gli articoli 1117 e 840 del Codice Civile.

In particolare secondo la Cassazione, oggetto di proprietà comune, agli effetti dell’art. 1117 c.c., è non solo la superficie a livello del piano di campagna, bensì tutta quella porzione del terreno su cui viene a poggiare l’intero fabbricato e dunque immediatamente pure la parte sottostante di esso.


Il termine “suolo”, adoperato dall’art. 1117 cc.c.assume, invero, un significato diverso e più ampio di quello supposto dall’art. 840 c.c., dove esso indica soltanto la superficie esposta all’aria.


Piuttosto, l’art. 1117 c.c., letto sistematicamente con l’art. 840 c.c.., implica che il sottosuolo, costituito dalla zona esistente in profondità al di sotto dell’area superficiaria che è alla base dell’edificio (seppure non menzionato espressamente dall’elencazione esemplificativa fatta dalla prima di tali disposizioni), va considerato di proprietà condominiale, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini.

Pertanto, nessun condomino può, senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione, procedere all’escavazione in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, in quanto, attraendo la cosa comune nell’orbita della sua disponibilità esclusiva, verrebbe a ledere il diritto di proprietà degli altri partecipanti su una parte comune dell’edificio, privandoli dell’uso e del godimento ad essa pertinenti.

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