Società per azioni e recesso ad nutum

La Cassazione mediante la sentenza n. 4716 del 21 febbraio 2020 si è pronunciata sull’ambito di applicazione del recesso c.d. ” ad nutum” nelle società per azioni.


In particolare, secondo la Suprema Corte, è escluso il diritto di recesso “ad nutum” del socio di società per azioni nel caso in cui lo statuto preveda una prolungata durata della società (nella specie, fino al 2100), non potendo tale ipotesi essere assimilata a quella, prevista dall’art. 2437, comma 3, c.c., della società costituita per un tempo indeterminato, stante la necessaria interpretazione restrittiva delle cause che legittimano la fuoriuscita del socio dalla società.


Secondo la Corte inoltre bisogna escludere l’estensione della disciplina prevista dall’art. 2285 c.c. per le società di persone, ove prevale l'”intuitus personae”, ostandovi esigenze di certezza e di tutela dell’interesse dei creditori delle società per azioni al mantenimento dell’integrità del patrimonio sociale, potendo essi fare affidamento solo sulla garanzia generica da quest’ultimo offerta, a differenza dei creditori delle società di persone, che invece possono contare anche sui patrimoni personali dei soci illimitatamente responsabili.

Mancanza dell’abitabilità


La Cassazione, mediante l’ordinanza del 10 febbraio 2020, n. 3048, ha preso posizione circa la sanzione applicabile in caso di assenza dell’abitabilità, qualora questa circostanza non venga espressamente disciplinata dalle parti.


Secondo la Suprema Corte infatti, l’assenza di abitabilità dell’appartamento destinato ad abitazione determina la consegna di aliud pro alio, fattispecie sottratta alla disciplina dei termini di cui dell’art. 1497 c.c., comma 2.

Si ha pertanto vendita di aliud pro alio quando l’immobile non sia “oggettivamente in grado di soddisfare le esigenze concrete della sua utilizzazione, diretta o indiretta, ad opera del compratore”.

In questo caso dunque troveranno applicazione gli artt. 1453 e ss. del Codice Civile.

Voltura catastale e accettazione tacita dell’eredità

La Cassazione, mediante l’ordinanza del 22 gennaio 2020, n. 1438, ha affrontato nuovamente il rapporto tra la voltura catastale e l’accettazione tacita dell’eredità.


Secondo gli Ermellini l’accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare.


Ne consegue che, mentre sono inidonei allo scopo gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, l’accettazione tacita può essere desunta dal compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche da quello civile.

Fusione societaria e natura giuridica

La Cassazione, mediante l’ordinanza n. 32208 del 10 dicembre 2019, si è espressa sulla natura giuridica dell’operazione straordinaria di fusione.


Segnatamente secondo gli Ermellini in tema di fusione, l’art. 2504-bis c.c. plasma una vicenda meramente modificativa-evolutiva della medesima compagine societaria, con conservazione delle proprie identità, garantendo la prosecuzione dei rapporti anche processuali, con legittimazione attiva e passiva della società incorporante o della nuova società, ma lasciando immutata analoga legittimazione attiva e passiva della società incorporata, senza dar luogo ad una successione “mortis causa” ed essendo impedita l’interruzione del processo.


Pertanto, laddove la società incorporata sia cancellata dal registro delle imprese, con conseguente sua estinzione, viene meno anche la sua legittimazione processuale.

Contratto preliminare e provenienza donativa


La Cassazione mediante la sentenza n. 32694 del 12 dicembre 2019 si è espressa in tema di preliminare di vendita con provenienza donativa.


Secondo la Corte la provenienza del bene da donazione, anche se non comporta per sé stessa un pericolo concreto e attuale di perdita del bene, tale da abilitare il promissario ad avvalersi del rimedio dell’articolo 1481 c.c., è comunque circostanza influente sulla sicurezza, la stabilità e le potenzialità dell’acquisto programmato con il preliminare.


In quanto tale essa non può essere taciuta dal promittente venditore, pena la possibilità che il promissario acquirente, ignaro della provenienza, possa rifiutare la stipula del contratto definitivo, avvalendosi del rimedio generale dell’articolo 1460 c.c., se ne ricorrono gli estremi.

Condominio e sottosuolo

La Cassazione, mediante l’ordinanza n. 29925 del 18 novembre 2019, si è espressa sul rapporto sussistente tra gli articoli 1117 e 840 del Codice Civile.

In particolare secondo la Cassazione, oggetto di proprietà comune, agli effetti dell’art. 1117 c.c., è non solo la superficie a livello del piano di campagna, bensì tutta quella porzione del terreno su cui viene a poggiare l’intero fabbricato e dunque immediatamente pure la parte sottostante di esso.


Il termine “suolo”, adoperato dall’art. 1117 cc.c.assume, invero, un significato diverso e più ampio di quello supposto dall’art. 840 c.c., dove esso indica soltanto la superficie esposta all’aria.


Piuttosto, l’art. 1117 c.c., letto sistematicamente con l’art. 840 c.c.., implica che il sottosuolo, costituito dalla zona esistente in profondità al di sotto dell’area superficiaria che è alla base dell’edificio (seppure non menzionato espressamente dall’elencazione esemplificativa fatta dalla prima di tali disposizioni), va considerato di proprietà condominiale, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini.

Pertanto, nessun condomino può, senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione, procedere all’escavazione in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, in quanto, attraendo la cosa comune nell’orbita della sua disponibilità esclusiva, verrebbe a ledere il diritto di proprietà degli altri partecipanti su una parte comune dell’edificio, privandoli dell’uso e del godimento ad essa pertinenti.

Accessione e comunione legale

La Cassazione, con l’ordinanza n. 28258 del 4 novembre 2019, ha confermato il proprio orientamento relativamente al rapporto tra accessione e comunione legale, nell’ipotesi in cui uno dei coniugi abbia contribuito alle spese di costruzione dell’immobile realizzato su terreno di esclusiva proprietà dell’altro coniuge.


La Suprema Corte ha infatti manifestato il seguente principio di diritto: ” Al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all’onere della costruzione spetta, previo assolvimento dell’onere della prova d’aver fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le somme spese a tal fine”.

Atto notarile e comparente sordastro

La Cassazione, mediante la sentenza n. 24726 del 3 ottobre 2019, si è espressa relativamente all’ambito di applicazione dell’articolo 56 della L. 89/1913 (c.d. Legge Notarile).

In particolare la Suprema Corte ha stabilito che in tema di stipula degli atti notarili, la lettura dell’atto da parte del contraente sordo è necessaria non solo quando è affetto da sordità totale, ma anche quando la minorazione sia talmente grave da impedire, pur con l’uso di apparecchiature, quella percezione uditiva che possa dargli la comprensione di ciò che è stato inserito nell’atto medesimo come manifestazione della sua volontà.

Testamento olografo falso

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 24749 del 2019, ha dato seguito al suo orientamento in tema di testamento olografo falso.

Segnatamente la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: “la parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo”.

Permuta di bene presente con bene futuro: trascrizione

La Cassazione, con l’ordinanza n.19824 del 23 luglio 2019, ha affrontato il problema dalla opponibilità nei confronti dei terzi della permuta di bene presente con bene futuro.


Segnatamente, in caso di permuta di un terreno con un appartamento da costruire, ai fini dell’opponibilità ai terzi della trascrizione dell’atto di permuta, è necessario che la nota di trascrizione consenta l’individuazione in modo specifico dell’appartamento oggetto di permuta.

Divisione e menzione dei titoli edilizi


La Suprema Corte a Sezioni Unite, con la sentenza n. 25021 del 7 ottobre 2019, si è pronunciata circa il perimetro applicativo dell’articolo 40, comma 2, della Legge n. 47/1988 e dell’articolo 46, domma 1, del D.P.R. n. 380/2001.


Segnatamente gli Ermellini hanno enunciato i seguenti principi di diritto:

– gli atti di scioglimento della comunione ereditaria (oltre ovviamente a quelli della comunione ordinaria) sono soggetti alla sanzione della nullità, prevista dall’art. 46, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001 e dall’art. 40, comma 2, della Legge n. 47/1985, “per gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali relativi ad edifici o a loro parti dai quali non risultino gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria”;


-in caso di proposizione di una domanda di scioglimento di una comunione, il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti;


-lo scioglimento della comunione relativa ad un edificio abusivo che si renda necessario nell’ambito di una procedura di espropriazione o nell’ambito del fallimento e delle altre procedure concorsuali è invece sottratto alla comminatoria di nullità in forza delle disposizioni eccettuative di cui all’art. 46, comma 5 del d.P.R. n. 380 del 2001 e all’art. 40, commi 5 e 6, della legge n. 47 del 1985.

Fondo patrimoniale e atti di straordinaria amministrazione

La Cassazione, con la sentenza n. 22069 del 4 settembre 2019, si è espressa in relazione alla portata dell’articolo 169 c.c. in tema di fondo patrimoniale.

In particolare secondo la Suprema Corte, con riferimento agli atti di straordinaria amministrazione che abbiano a oggetto beni vincolati nel fondo patrimoniale, il figlio dei coniugi che hanno costituito il fondo patrimoniale è legittimato ad agire in giudizio per contestarli, qualora ne abbia le ragioni.

Inoltre, è legittima la clausola dell’atto istitutivo del fondo patrimoniale che, in presenza di figli minori, esclude l’autorizzazione del giudice tutelare per il loro compimento.

Trascrizione e servitù

La Cassazione, mediante la sentenza del 24 giugno 2019, n. 16853, si è pronunciata sulla modalità con cui rendere opponibile verso i terzi una servitù costituita contestualmente a un atto di compravendita.

La Corte ha infatti escluso la necessità che la trascrizione del negozio costitutivo della servitù venga effettuata mediante presentazione di una specifica e separata nota, distinta da quella relativa alla vendita, essendo sufficiente che nell’unica nota di trascrizione sia stata fatta menzione della costituzione della servitù e che le indicazioni ivi riportate consentano di individuare, senza possibilità di equivoci o di incertezze, gli estremi essenziali della convenzione con riferimento ai beni ai quali la servitù si riferisce.

Contratto preliminare e comunione legale

La Cassazione, mediante la sentenza n. 22458 del 9 settembre 2019, si è espressa sul rapporto intercorrente tra il preliminare di compravendita e la comunione legale dei beni.


La Corte ha stabilito che la comunione legale fra i coniugi, di cui all’art. 177 c.c., riguarda gli acquisti, cioè gli atti implicanti l’effettivo trasferimento della proprietà della “res” o la costituzione di diritti reali sulla medesima, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all’acquisizione di una “res”, non sono suscettibili di cadere in comunione.


Conseguentemente è escluso che il coniuge del promissario acquirente possa vantare una pretesa giuridicamente tutelata per effetto del contratto concluso dall’altro coniuge.

Divisione e masse plurime


La Cassazione, mediante la sentenza n. 15494 del 7 giugno 2019, ha confermato il proprio orientamento in tema di masse plurime.


La Suprema Corte infatti ha precisato che in caso di divisione di beni oggetto di comproprietà provenienti da titoli diversi non si realizza un’unica comunione ma tante comunioni quanti sono i titoli di provenienza dei beni, corrispondendo alla pluralità di titoli una pluralità di masse, ciascuna delle quali costituisce un’entità patrimoniale a sé stante, nella quale ogni condividente deve poter far valere i propri diritti indipendentemente da quelli che gli competono sulle altre masse e nell’ambito di ciascuna massa debbono trovare soluzione i problemi relativi alla formazione dei lotti e alla comoda divisione dei beni immobili che vi sono inclusi.


È dunque possibile procedere a un’unica divisione invece che a tante divisioni quante sono le masse solo con il consenso di tutti i condividenti, che deve trovare titolo in uno specifico negozio – che ove, riguardante beni immobili, deve rivestire la forma scritta “ad substantiam” – con il quale si attui il conferimento delle singole comunioni in una comunione unica e, in sua mancanza, la parte che non si sia opposta alla domanda di divisione sin dal primo grado può sollevare la questione in grado di appello.

Institutio ex re certa e beni non oggetto di disposizione

La Cassazione, con la sentenza 17868 del 3 luglio 2019, ha manifestato un nuovo orientamento in tema di institutio ex re certa.

Secondo gli Ermellini quando la disposizione testamentaria di cui all’art. 588, 2 comma c.c. non comprende la totalità dei beni, non importa attribuzione anche dei beni che non formarono oggetto di disposizione, i quali si devolvono secondo le norme della successione legittima, destinata ad aprirsi ai sensi dell’art. 457 c.c., comma 2, ogni qual volta le disposizioni a titolo universale, sia ai sensi del comma 1, sia ai sensi del comma 2 dell’art. 588 c.c., non ricostituiscono l’unità.

Invero il principio che la forza espansiva della vocazione a titolo universale opera anche in favore dell’institutio ex re certa, va inteso nel senso che l’acquisto di costui non è limitato in ogni caso alla singola cosa attribuita come quota, ma si estende proporzionalmente ai beni ignorati dal testatore o sopravvenuti.

Patto commissorio e vendita con riscatto

La Suprema Corte, mediante la sentenza n. 18680 in data 11 luglio 2019, ha dato seguito al suo orientamento in tema di patto commissorio.

A tal riguardo la Cassazione ha stabilito che qualora la vendita con patto di riscatto o di retrovendita, stipulata fra il debitore ed il creditore, risponda all’intento delle parti di costituire una garanzia, con l’attribuzione irrevocabile del bene al creditore solo in caso di inadempienza del debitore, il contratto è nullo anche quando implichi un trasferimento effettivo della proprietà (con condizione risolutiva), atteso che, pur non integrando direttamente il patto commissorio, previsto e vietato dall’art. 2744 c.c., configura un mezzo per eludere tale norma imperativa, e, quindi, esprime una causa illecita, che rende applicabile all’intero contratto la sanzione dell’art. 1344 c.c.